Protagonisti - tutti i libri per gli amanti del genere Protagonisti - Johan & Levi Editore | P. 3
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Protagonisti

Robert Mapplethorpe - Fotografia a mano armata
New York, autunno 1978. Giovedì sera, alle otto spaccate, Robert Mapplethorpe, elegante e sfrontato nella sua giacca di pelle nera, scende le scale e fa il suo ingresso nella sala principale del famigerato Mineshaft, il brulicante club sotterraneo per soli uomini tempio e ricettacolo di ogni forma di perversione. È il decennio famelico e scintillante dell’emancipazione gay: arte e sesso sono legati a doppio filo e il pronostico warholiano sui quindici minuti di celebrità è un imperativo esistenziale. Mapplethorpe, il fotografo scandaloso e provocatorio per eccellenza, brandisce la sua Hasselblad come fosse un revolver e mira dritto al lato oscuro di quegli anni, di cui è insieme testimone e protagonista: nudi statuari o corpi fasciati in latex e corde, scene leather e pratiche feticiste, fino agli autoritratti luciferini. Un “fuorilegge” venuto dall’Inferno, che ha preso d’assalto i dogmi della società americana e diventato, nonostante i tentativi di censura, uno tra gli artisti più acclamati del Ventesimo secolo dopo la sua morte per AIDS nel 1989. Questa di Jack Fritscher – amante e compagno di Mapplethorpe alla fine degli anni settanta e direttore della prima rivista che pubblicò le sue controverse immagini – non è una biografia in senso stretto: è il ritratto di un’epoca dal cuore selvaggio, raccontata nei suoi estremi e bizzarrie attraverso una scrittura sincopata, ironica, fatta di dialoghi fulminei e ritratti allucinati.Ma è soprattutto un collage intimo e personale di ricordi, incontri, amori, vizi, ossessioni, malattie, amicizie illustri, divagazioni liriche, scene di vita quotidiana e cronache audaci, che lascia emergere il profilo di un uomo vulnerabile, di purezza cristallina e allo stesso tempo ambizioso e spavaldo, sempre intento ad alimentare la mistica della sua immagine pubblica. Robert Mapplethorpe amava il rischio, nella vita e nell’arte, e rincorrendo il pericolo, ha fatto della sua stessa esistenza una sequenza di “scatti perfetti”.
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Robert Mapplethorpe

Fotografia a mano armata

Jack Fritscher

pagine: 352 pagine

New York, autunno 1978. Giovedì sera, alle otto spaccate, Robert Mapplethorpe, elegante e sfrontato nella sua giacca di pelle nera, scende le scale e fa il suo ingresso nella sala principale del famigerato Mineshaft, il brulicante club sotterraneo per soli uomini tempio e ricettacolo di ogni forma di perversione. È il decennio famelico e s
Sei lezioni di disegno
L’arte, dice William Kentridge, è forma di conoscenza di per sé. Non è una semplice integrazione del mondo reale, né la si può considerare solo nei termini razionali delle discipline accademiche classiche. Il perimetro dell’atelier è il luogo cruciale per la produzione del significato: è qui che il pensiero lineare cede il passo a occhio, mano, carta e carboncino, a quei mezzi materiali che danno impulso vitale alla creatività. L’atto di disegnare, lo sporcarsi le mani, ha il potere di introdurci ai temi più complessi del nostro tempo.A Kentridge sta a cuore il modo in cui attribuiamo struttura e senso alla fluidità dell’esperienza: ci sforziamo di intravedere nella forma mutevole delle nuvole una sagoma familiare e assembliamo dei pezzetti di carta per innescare in chi guarda un riconoscimento immediato. Questa forte esigenza di significato – osservare un insieme di frammenti e attribuirvi un valore, prendere i frammenti e comporre un’immagine – è presente non solo nel nostro guardare le ombre delle cose, ma in tutto ciò che vediamo, anche nella nostra lettura della realtà geografica e politica. Per illustrarci i meccanismi – spesso illusori – per mezzo dei quali ricostruiamo il significato del mondo, l’autore usa la lingua e gli strumenti della logica come fossero la carta e il carboncino con cui dare corpo a un’idea.Integrando nozioni pratiche in una libera dissertazione che spazia dalla caverna di Platone al ruolo dell’Illuminismo nell’oppressione coloniale, dal funzionamento degli strumenti ottici al modo in cui vengono raffigurati gli animali, queste Sei lezioni di disegno di Kentridge sono un compendio arguto e insieme scanzonato del suo pensiero sull’arte, sul fare arte e sulla necessità di ritagliare un po’ di spazio per la stupidità. Non per celebrare la stupidità in sé, ma perché può serbare più sorprese che uno studio pieno di buone idee.Acquista la tua copia firmata
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Sei lezioni di disegno

William Kentridge

pagine: 160 pagine

L’arte, dice William Kentridge, è forma di conoscenza di per sé. Non è una semplice integrazione del mondo reale, né la si può considerare solo nei termini razionali delle discipline accademiche classiche. Il perimetro dell’atelier è il luogo cruciale per la produzione del significato: è qui che il pensiero lineare cede il passo a occhio
Umberto Boccioni - L’artista che sfidò il futuro
Fautore di un’arte violentemente rivoluzionaria, Umberto Boccioni (1882-1916), pittore e scultore, è insieme a Marinetti il massimo esponente del Futurismo e il primo della sua cerchia ad aver captato la nuova sensibilità introdotta dal secolo delle tecnologie e della macchina. Non è un caso se fin da subito Apollinaire riconosce in lui il teorico del gruppo, colui che di lì a breve sintetizzerà nel celebre “camminatore” le proprie ricerche su un dinamismo quasi metafisico, di radice aristotelica.Boccioni si distingue per il corso rapido dell’intelletto, per la singolarità dei suoi discorsi, che spaziano in ogni campo. Possiede i tratti della genialità, metabolizza letture ed esperienze, rilanciandole in straordinarie invenzioni che fissano i princìpi di una nuova estetica. Inseritosi nel solco di Balla negli anni dell’apprendistato romano, sarà però lui a trascinare il maestro nell’avventura del Manifesto dei pittori futuristi, nel 1910, a cui hanno già aderito Carrà, Severini e Russolo. Una brigata effervescente, con il poeta Marinetti nel ruolo di leader che mobilita ogni mezzo per lanciare i compagni verso la gloria internazionale, raggiunta nel febbraio del 1912 con la prima mostra futurista nella Parigi delle avanguardie. Un evento che Boccioni ha atteso come nessun altro nella sua vita e che ha calamitato ogni sua aspettativa. Sarà poi la volta di Londra, Bruxelles e Berlino, prima di riprendere la tournée italiana delle serate futuriste, dove il giovane artista darà ulteriori prove di una personalità magnetica, di un’intelligenza caustica.Qualità, queste, che fanno presa anche sulle donne, alcune di nome illustre, come la critica d’arte Margherita Sarfatti, la scrittrice Sibilla Aleramo e la principessa Vittoria Colonna Caetani, passione ultima e disperata. Ma prima ancora su Ines, la donna-romanzo immortalata in tanti ritratti, una filigrana che attraversa la brevissima esistenza di Boccioni. Partito soldato volontario della Grande guerra, muore infatti a trentaquattro anni disarcionato da cavallo. Lascia un mistero sulla sua discendenza – svelato in queste pagine – e un’eredità grandiosa per il futuro dell’arte.
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Umberto Boccioni

L’artista che sfidò il futuro

Gino Agnese

pagine: 400 pagine

Fautore di un’arte violentemente rivoluzionaria, Umberto Boccioni (1882-1916), pittore e scultore, è insieme a Marinetti il massimo esponente del Futurismo e il primo della sua cerchia ad aver captato la nuova sensibilità introdotta dal secolo delle tecnologie e della macchina. Non è un caso se fin da subito Apollinaire riconosce in lui il teo
Cacciatori d'arte - I mercanti di ieri e di oggi
Visionari, uomini d’affari, spericolati avventurieri con il pallino dell’arte e un’infatuazione infantile per il rischio. Stanare i van Gogh di domani è l’ossessione che da sempre spinge i mercanti più intrepidi a battere strade ignote rastrellando studi e scommettendo tutto su pittori incompresi o troppo in anticipo sui tempi. In anni recenti, tuttavia, la truffa dei falsi che ha mandato alla rovina una delle più rispettabili gallerie newyorkesi, Knoedler, ha messo allo scoperto il marcio di una professione che può presto degenerare in becera speculazione.Yann Kerlau narra la folgorante ascesa e le alterne vicende di alcuni fra i più celebri cacciatori di artisti dall’Ottocento ai giorni nostri: dal primo fervido sostenitore degli impressionisti, Théodore Duret, fautore di quel giapponismo cui Gauguin, van Gogh e Monet saranno tanto debitori, a Paul Durand-Ruel, che poco dopo spalanca ai “rifiutati” le porte del mercato americano; da un fuoriclasse nella tattica delle vendite come l’indolente Ambroise Vollard, allo scaltro Daniel-Henry Kahnweiler, divenuto il mercante di Picasso nonostante un esordio poco promettente, fino all’eccentrica Peggy Guggenheim, l’ereditiera americana che con l’aiuto di consiglieri d’eccellenza scova gli artisti più all’avanguardia per la sua galleria newyorkese. Giunti ormai ai giorni nostri, è il turno di un pubblicitario consumato come Charles Saatchi, approdato all’olimpo dell’arte elevando l’artista a marchio di fabbrica, e di un cinico self-made man come Larry Gagosian, che con un occhio ai conti bancari e l’altro alle sale d’asta conduce i purosangue della sua scuderia alla conquista di un impero multinazionale. Sette ritratti a tutto tondo, ognuno a suo modo specchio della propria epoca. Altrettante varianti su un mestiere praticato con il fiuto necessario alla ricerca non più del bello, ma di quella gemma rara che si cela in ogni opera d’arte. Un’epopea strabiliante in cui eccessi, ardori e follie dei protagonisti tingono il racconto di una dimensione eroica e romanzesca.
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Cacciatori d'arte

I mercanti di ieri e di oggi

Yann Kerlau

pagine: 250 pagine

Visionari, uomini d’affari, spericolati avventurieri con il pallino dell’arte e un’infatuazione infantile per il rischio. Stanare i van Gogh di domani è l’ossessione che da sempre spinge i mercanti più intrepidi a battere strade ignote rastrellando studi e scommettendo tutto su pittori incompresi o troppo in anticipo sui tempi. In
Jackson Pollock - Energia resa visibile
Quando nella primavera del 1955 il giovane B.H. Friedman lo incontra per la prima volta, Jackson Pollock è già un “vecchio maestro” dell’Espressionismo Astratto. Possente nel fisico quanto esplosivo e lavico nel talento, si è conquistato fama internazionale con un corpus di opere che racchiude un’intera gamma espressiva, dal delicato lirismo alle immagini più impetuose. La rivista Life lo ha da poco osannato come il più grande pittore statunitense e alla Cedar Tavern è riverito ogni sera da una folla di giovani artisti che sgomitano per avvicinarsi a lui. Per loro Jackson è quello che ha rotto il ghiaccio e spianato la strada alla prima generazione radicalmente americana. Per i semplici avventori del leggendario ritrovo del Greenwich Village, invece, Pollock non è che un elemento pittoresco, un personaggio tristemente noto per le sue metamorfosi: in preda all’alcol la voce gli si fa più roca, il lessico scurrile, i gesti via via più aggressivi, lo sguardo obnubilato, fino allo scoppio dell’inevitabile rissa.Frutto di un’amicizia nata nell’ultimo anno di vita di Pollock, questo libro ne ripercorre la breve parabola con straordinaria vividezza, senza trascurare i momenti più sofferti: gli stenti degli anni formativi e l’uso dell’alcol per placare i conflitti interiori, i primi lavori accademici realizzati sotto la supervisione di Thomas H. Benton e la scoperta di un linguaggio tutto suo, il dripping, che lo porta ai vertici del successo grazie anche al coraggio di una gallerista come Peggy Guggenheim e all’incondizionata complicità della moglie Lee Krasner, che gli resta accanto fino agli ultimi mesi prima della tragica scomparsa.Friedman penetra nel silenzio e nella solitudine del suo studio, si interroga sul tormentato rapporto con la fama, sull’identità che Pollock sente di aver venduto a un mondo dell’arte che spesso lo fraintende e che lo ha condotto a vette da cui difficilmente si scende illesi. Il risultato è una biografia che come nessun’altra offre un’acuta analisi della gloriosa ascesa e della rovinosa caduta di colui che ha “danzato” capolavori come Autumn Rhythm. Un artista che ha puntato tutto sul principio dell’arte come scoperta di sé, fermamente convinto che la vita di un uomo e il suo lavoro siano inseparabili.
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Jackson Pollock

Energia resa visibile

B.H. Friedman

pagine: 308 pagine

Quando nella primavera del 1955 il giovane B.H. Friedman lo incontra per la prima volta, Jackson Pollock è già un “vecchio maestro” dell’Espressionismo Astratto. Possente nel fisico quanto esplosivo e lavico nel talento, si è conquistato fama internazionale con un corpus di opere che racchiude un’intera gamma espressiva, dal delicato lir
Yves il provocatore - Yves Klein e l'arte del Ventesimo secolo
Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi 1962) sapeva di essere un rivoluzionario. Un guerriero dell’arte incline a sfidare le barriere della materia e del tempo per essere sempre “oltre” i limiti delle cose. Un cavaliere del Graal che a un’intensa spiritualità coniuga i tratti intrepidi e irriverenti di un Tintin. La sua opera sintetizza le esperienze artistiche della prima metà del Novecento e anticipa i temi fondativi delle avanguardie degli anni sessanta e settanta, abbattendo i confini dell’arte esistente e annunciando una nuova via.Rivoluzione blu, la chiamava, una svolta che avrebbe posto fine all’era della Materia e dato avvio all’era dello Spazio, di cui lui era l’autoproclamato Messaggero, lui Paladino e Proprietario del colore (il blu Klein appunto), Yves le Monochrome, il Conquistador del vuoto. E allora i gesti eclatanti: la mostra “Le Vide”, esposizione di una galleria metafisicamente vuota, arte immateriale venduta a peso d’oro, da gettare nella Senna; la fotografia del Salto, che lo ritrae mentre si tuffa a volo d’angelo dal cornicione di un palazzo parigino, non nel vuoto ma verso il Vuoto. Non discesa ma ascesa dal mondo fisico a quello del puro spirito, raggiunto infine con una morte prematura, dopo sette anni di folgorante attività.Attraverso le testimonianze vivide di quanti lo hanno conosciuto, questo libro restituisce la baldanza di un artista contraddittorio, un pittore e un antipittore che con passione e genio ha fatto sua un’eredità culturale in cui si mescolano Bachelard e Heindel, Jung e i Rosacroce, Duchamp e Malevič, e che ha saputo guadagnarsi un posto del tutto eccezionale a cavallo fra Modernismo e post Modernismo. McEvilley si addentra nella complessa unità estetica che soggiace alla semplicità apparente del monocromo blu. Evoca la drammatica parabola di un uomo che si è fatto tutt’uno con l’artista e che ha inseguito il mito di se stesso fino a morirne: «Lunga vita all’immateriale».
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Yves il provocatore

Yves Klein e l'arte del Ventesimo secolo

Thomas McEvilley

pagine: 252 pagine

Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi 1962) sapeva di essere un rivoluzionario. Un guerriero dell’arte incline a sfidare le barriere della materia e del tempo per essere sempre “oltre” i limiti delle cose. Un cavaliere del Graal che a un’intensa spiritualità coniuga i tratti intrepidi e irriverenti di un Tintin. La sua opera sintetizza le esp
Mario Sironi - La grandezza dell'arte, le tragedie della storia
«L’arte non ha bisogno di riuscire simpatica, ma esige grandezza» ha scritto Sironi. Sono parole che si attagliano anche a lui, pittore di periferie inospitali eppure imponenti come cattedrali moderne. Futurista a partire dal 1913, Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) negli anni venti ha espresso l’aspetto più duro della città e della vita contemporanea, ma insieme ha dato ai suoi paesaggi urbani la forza delle architetture classiche e alle sue figure la solennità dei ritratti antichi. Di una classicità moderna, è stato infatti uno dei maggiori protagonisti tra le due guerre: prima con il movimento del Novecento Italiano, che si forma a Milano nel 1922; poi con il sogno visionario di una rinascita dell’affresco e del mosaico.Amico personale di Mussolini e fascista della prima ora, Sironi ha dato forma nella sua pittura murale degli anni trenta alla dottrina nazionalistica e sociale del regime – non alle leggi razziali che non ha mai condiviso – ma il suo desiderio di ritornare alla Grande Decorazione antica gli era nato già durante la giovinezza trascorsa a Roma, quando, come diceva, passavano davanti ai suoi occhi «gli splendidi fantasmi dell’arte classica». Del resto la sua arte, potente e dolorosa, non diventa mai un’arte di Stato.La vita non ha risparmiato Sironi: la perdita del padre a tredici anni, le crisi depressive, la guerra; poi la miseria, la contrastata vicenda familiare, le polemiche sulla sua pittura, i ritmi di lavoro massacranti che gli minano la salute; la caduta del fascismo, il crollo dei suoi ideali politici e un’esecuzione sommaria evitata in extremis (grazie all’intervento di Gianni Rodari, partigiano ma suo estimatore); infine la perdita della figlia Rossana, suicidatasi a diciotto anni nel 1948. Tuttavia la sua pittura oppone alle tragedie dell’esistenza e della storia un’ostinata volontà costruttiva. Almeno fino alla stagione ultima quando Sironi, svaniti sogni e illusioni, dipinge città frananti e visioni dell’Apocalisse.
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Mario Sironi

La grandezza dell'arte, le tragedie della storia

Elena Pontiggia

pagine: 304 pagine

«L’arte non ha bisogno di riuscire simpatica, ma esige grandezza» ha scritto Sironi. Sono parole che si attagliano anche a lui, pittore di periferie inospitali eppure imponenti come cattedrali moderne. Futurista a partire dal 1913, Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) negli anni venti ha espresso l’aspetto più duro della città e dell
Meret Oppenheim - Afferrare la vita per la coda
Donna, artista, outsider, icona: dal fulminante esordio con Colazione in pelliccia, destinato ad aprirle poco più che ventenne le porte del moma, al lungo e impervio cammino intrapreso per liberarsi di ogni etichetta artistica, ideologica e di genere, Meret Oppenheim (1913-1985) è una delle poche figure femminili della storia divenute leggendarie per aver osato sfidare regole e pregiudizi millenari in nome di una vocazione autentica. Una vocazione artistica ed esistenziale che la porterà a scelte e posizioni di rottura tutt’altro che facili, non solo nei confronti della società benpensante dell’epoca ma anche degli insidiosi pregiudizi cui non può dirsi immune lo stesso milieu artistico e letterario del suo tempo. Musa venerata da Man Ray, pupilla irriverente di Breton, complice e lei stessa protagonista delle più grandi sperimentazioni e delle più appassionanti avventure artistiche del Novecento, Meret Oppenheim si muove lungo il secolo con la libertà e l’originalità disinvolta e a tratti sofferta dei purosangue.Dall’avvicinamento alle teorie di Carl Gustav Jung al folgorante incontro con i surrealisti, dalla lunga lotta con la depressione all’attrazione inesorabile che a soli vent’anni la lega fatalmente a Max Ernst, dall’intenso e profondissimo sodalizio artistico con Alberto Giacometti all’amicizia segreta e finora ignota con Marcel Duchamp, Martina Corgnati traccia un accurato e appassionante ritratto della donna e dell’artista che, contro i facili stereotipi di un’arte tutta al femminile, sulla scia di Virginia Woolf e di Lou Salomé ha avuto il coraggio di gridare alle donne di ogni tempo: «La libertà non ci viene data, dobbiamo prendercela». Il volume è stato realizzato con il sussidio di Pro Helvetia.
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Meret Oppenheim

Afferrare la vita per la coda

Martina Corgnati

pagine: 540 pagine

Donna, artista, outsider, icona: dal fulminante esordio con Colazione in pelliccia, destinato ad aprirle poco più che ventenne le porte del moma, al lungo e impervio cammino intrapreso per liberarsi di ogni etichetta artistica, ideologica e di genere, Meret Oppenheim (1913-1985) è una delle poche figure femminili della storia divenute leggendarie
Nadar - Un bohémien introverso
L’eccentrico Baudelaire con l’estroso fiocco nero annodato sulla camicia immacolata, lo sguardo fiero e inflessibile di Victor Hugo da vecchio o il fascino magnetico di Sarah Bernhardt, ancora ventenne. Difficile non conoscere i ritratti fotografici di Félix Tournachon, in arte Nadar, abile come nessun altro nel cogliere la “sembianza intima” dei suoi contemporanei nella Parigi della seconda metà dell’Ottocento.Nato sotto la Restaurazione e uscito di scena alla vigilia della Grande Guerra, Nadar visse quasi un secolo da personaggio pubblico di primo piano. In questa biografia Stéphanie de Saint Marc ci svela gli altri volti del grande fotografo, incarnazione di un “paradosso vitale dalle mille sfumature”: i turbolenti esordi che spiazzarono l’opinione pubblica con le prime, pioneristiche vignette, contribuendo alla nascita della petite presse, la futura stampa scandalistica; i “colpi di testa”, come quel mattino di marzo del 1848 in cui mollò tutto e, a piedi, partì con l’esercito francese alla volta della Polonia per liberarla dall’invasore russo; l’insaziabile spirito d’avventura che lo portò prima in cielo, a fotografare le nuvole a bordo di un pallone aerostatico, e poi giù nelle viscere della terra, a immortalare le catacombe di Parigi utilizzando una sorta di flash ante litteram; il carattere goliardico di un artista chiacchierato «che in cinque minuti passava al tu e aveva ottomila amici», ma al contempo introverso, incapace di avere rapporti equilibrati con le persone a lui più care.«Toro per la forza, pesce per la liquida duttilità con cui si insinuava ovunque, malizioso come una scimmia, uccello capace di conquistare l’aria e infine cervo per la sua indipendenza altera»: Nadar è stato tutte queste cose insieme, osservatore e interprete di una modernità che gli deve molto più di quanto creda.
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Nadar

Un bohémien introverso

Stéphanie de Saint Marc

pagine: 300 pagine

L’eccentrico Baudelaire con l’estroso fiocco nero annodato sulla camicia immacolata, lo sguardo fiero e inflessibile di Victor Hugo da vecchio o il fascino magnetico di Sarah Bernhardt, ancora ventenne. Difficile non conoscere i ritratti fotografici di Félix Tournachon, in arte Nadar, abile come nessun altro nel cogliere la “sembianza intima

Ettore Sottsass

Tornano sempre le primavere, no?

Marco Belpoliti, Michele De Lucchi, Giuseppe Varchetta

pagine: 120 pagine

Felicità e malinconia sono gli estremi entro cui si colloca tutta l’avventura umana e artistica di Ettore Sottsass: felicità di essere appartenuto a un Eden perduto eppure sempre presente, che è l’infanzia, e insieme malinconia per non poterlo rivivere, non poter fermare il tempo. Giuseppe Varchetta, psicologo dell’organizzazione e fotogra

Marcel Broodthaers

Libro d'immagini

Wilfried Dickhoff, Bernard Marcadé

pagine: 320 pagine

In soli dodici anni di carriera, il belga Marcel Broodthaers (Bruxelles 1924-Colonia 1976) ha prodotto più idee di quanto di solito non si faccia nell’arco di un’intera vita. Dopo essersi dedicato per vent’anni alla poesia, nel 1964 abbandona questa forma espressiva per firmare un patto con un universo, le arti visive, dai valori opposti. Mu
Infinity Net - La mia autobiografia
Un mare color argento di sfere riflettenti, distese smisurate di candidi falli, una proliferazione di pois che tracimano dalle tele fino a invadere l’intera stanza. Al centro, inghiottita dalla sua stessa arte, una minuta giapponese dai capelli neri come la pece, Yayoi Kusama.Nata a Matsumoto nel 1929 da una famiglia tradizionalista, appena può la piccola Yayoi fugge nelle piantagioni del nonno materno dove, tra nuvole di malvarosa, si abbandona alle più stravaganti visioni che poi fissa su tela. La pittura è l’unico sollievo ai precoci patimenti esistenziali, e Yayoi è decisa a coltivarla fino in fondo, a costo di porre un intero oceano tra sé e chi cerca di impedirglielo. Sbarcata ventottenne a New York, l’inferno in terra, ancora una volta è l’arte a salvarla: supera la povertà e i ripetuti collassi nervosi esorcizzando le proprie fobie con i celebri Infinity Nets e le soft sculptures.Dall’arte “psicosomatica” alle folli performance con orge e partouzes il passo è breve: sul finire degli anni sessanta Yayoi cavalca lo tsunami hippie e i Kusama Happenings diventano gli eventi clou della rivoluzione pacifista. «Preferisci la guerra o il sesso libero?» chiede a un agente la sacerdotessa dei pois. I suoi proseliti la chiamano sister, “monaca”, perché – al contrario di quanto pensano i suoi scandalizzati compatrioti – lei dirige le danze, ma non partecipa. Il sesso, infatti, le fa letteralmente orrore. Ben più della morte, che in fondo, come diceva il suo amico Joseph Cornell, «è come spostarsi nella stanza accanto».Raccontate in prima persona con spiazzante sincerità e ricche di momenti autenticamente comici, queste pagine ricostruiscono la parabola di una delle personalità più eccentriche, ambivalenti e incantevoli che l’arte giapponese abbia mai conosciuto.
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Infinity Net

La mia autobiografia

Yayoi Kusama

pagine: 160 pagine

Un mare color argento di sfere riflettenti, distese smisurate di candidi falli, una proliferazione di pois che tracimano dalle tele fino a invadere l’intera stanza. Al centro, inghiottita dalla sua stessa arte, una minuta giapponese dai capelli neri come la pece, Yayoi Kusama.Nata a Matsumoto nel 1929 da una famiglia tradizionalista, appena può

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