fbevnts Tutti i libri di di Johan & Levi Editore | Pagina 6
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Catalogo

Nonumento - Un paradosso della memoria
Affidiamo le nostre memorie ai monumenti perché le conservino per noi. Così possiamo permetterci di dimenticarle. È questo il paradosso che affligge il memoriale: costruito come dispositivo di rammemorazione, si ribalta nel suo contrario, e diventa macchina di oblio. L’arte monumentale contemporanea si è ingegnata per trovare una terapia a questa patologia. A partire dagli anni sessanta si è formato un movimento eterogeneo, spesso radicale e non di rado contraddittorio, di artisti implicati nella progettazione di “contromonumenti” o “antimonumenti”: congegni che per via negativa ci interrogano profondamente nel nostro rapporto paradossale con la memoria e l’oblio. Rifacendosi liberamente ai non-uments di Gordon Matta-Clark, Andrea Pinotti, preferisce chiamarli “nonumenti” e ne offre una grammatica e una tipologia.Ma ci riesce davvero, il nonumento, a fare meglio del monumento? Davvero un parallelepipedo o una fontana che spariscono nel terreno gestiscono meglio le nostre smemoratezze rispetto a un obelisco o a una colonna orgogliosamente eretti nella loro ostinata verticalità? Davvero una performance o un re-enactment che durano pochi minuti o poche ore, risultano più efficaci di un mausoleo ben piantato dove sta da centinaia di anni? Davvero aria, luce, colori, bits, ci salvaguardano dall’amnesia più di pietra, bronzo, ferro?Queste domande risultano oggi urgenti più che mai: il tema del memoriale è tornato alla ribalta, proprio quando ci si impegna da più parti a buttarne giù il più possibile. In un’epoca in cui le statue vengono gettate nelle discariche come conseguenza dell’ondata di violenza iconoclasta ispirata dalla cosiddetta cancel culture o woke culture, questo libro propone una riflessione insieme estetica e politica sull’arte monumentale contemporanea e sulla contraddizione che l’affligge: negare il monumento, per riaffermarlo. Fare il nonumento.
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Nonumento

Un paradosso della memoria

Andrea Pinotti

pagine: 320 pagine

Affidiamo le nostre memorie ai monumenti perché le conservino per noi. Così possiamo permetterci di dimenticarle. È questo il paradosso che affligge il memoriale: costruito come dispositivo di rammemorazione, si ribalta nel suo contrario, e diventa macchina di oblio. L’arte monumentale contemporanea si è ingegnata per trovare una terapia a qu

Sul design

Anni Albers

pagine: 128 pagine

Al Black Mountain College, la scuola sperimentale nel North Carolina che aveva accolto i coniugi Albers in fuga dal nazismo, Anni era solita ripetere ai suoi studenti: «Bisogna esplorare luoghi dove nessuno prima di noi è mai stato». Un atteggiamento spregiudicato che non doveva tuttavia precludere uno sguardo retrospettivo capace di misurare i
Vestire all'etrusca
A giudicare dalla varietà di indumenti raffigurati con abbondanza di dettagli nella produzione artistica degli Etruschi, questo popolo risentì di molteplici influenze culturali, anche in fatto di moda. Tanto che, se un vestire “all’etrusca” c’è stato, non sarebbe possibile immaginarlo fuori dal contesto delle relazioni commerciali e dei frequenti scambi tra i popoli del Mediterraneo e del Vicino Oriente.È il caso delle diverse varianti del chitone, veste di origine greca, ma anche di acconciature come la lunga treccia portata sulla schiena, di derivazione orientale, o del tutulus di importazione greca, declinato però secondo forme tipicamente locali.Per individuare i tratti più autoctoni della moda etrusca, Larissa Bonfante compie un’articolata analisi dei suoi sviluppi dall’VIII fino al V secolo a.C. Lo fa attraverso un ricco percorso iconografico che segue l’evoluzione dei singoli capi di vestiario, calzature, ornamenti e pettinature, sui quali le fonti scritte hanno lasciato scarse notizie. È grazie agli artisti, infatti, che conosciamo il gusto per il lusso che portava gli Etruschi a adornarsi di gioielli e accessori; l’abitudine di vestire indumenti cuciti su misura in opposizione a quelli ampi e fluenti dei Greci; la riluttanza nei confronti della nudità di questi ultimi e la passione per una vasta gamma di cappelli in contrasto con l’uso greco di andare a capo scoperto; o, ancora, l’usanza femminile di indossare abiti che altrove erano riservati agli uomini, come la tebenna semicircolare, il mantello corto infilato alla rovescia e le calzature con i lacci. Usanza che rifletteva la libertà di cui godevano le donne nella vita pubblica e nella società rispetto ad altre civiltà coeve.Per Bonfante l’abbigliamento diventa un documento storico importante per datare i reperti e attribuire un sesso, un rango sociale e perfino un nome alle figure rappresentate. Se la moda degli Etruschi è espressione delle influenze assorbite dai modelli greci e vicino-orientali e trasmesse poi al mondo romano, questa polarità non esclude lo spazio di uno stile specificamente etrusco.
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Vestire all'etrusca

Larissa Bonfante

pagine: 304 pagine

A giudicare dalla varietà di indumenti raffigurati con abbondanza di dettagli nella produzione artistica degli Etruschi, questo popolo risentì di molteplici influenze culturali, anche in fatto di moda. Tanto che, se un vestire “all’etrusca” c’è stato, non sarebbe possibile immaginarlo fuori dal contesto delle relazioni commerciali e dei
Diego, l'altro Giacometti
Infaticabile assistente e paziente modello, Diego Giacometti ha condiviso con il fratello Alberto quarant’anni di vita e di lavoro, in un rapporto simbiotico tra i più intensi della storia dell’arte moderna.Il suo è un percorso creativo a cavallo tra scultura e design, con un approccio molto personale all’arte della decorazione: i mobili e gli oggetti da lui realizzati rincorrono un’eleganza asciutta e severa, impreziosita da sottili riferimenti a civiltà di altre epoche, a partire da quella etrusca, ed esaltata dalla predilezione per il bronzo. L’istintiva simpatia per gli animali lo porta a ritrarli spesso, anche nei mobili: la loro presenza non ha solamente una funzione ornamentale, ma trasforma la struttura stessa dell’oggetto animandone i volumi interni che, come le linee essenziali di un paesaggio, diventano ancora più leggeri e ariosi. Sono ideali che Diego condivide con il celebre arredatore d’interni Jean-Michel Frank, con cui collaborò in più occasioni.Oltre alle numerose committenze dei privati, Diego è sollecitato anche dalle istituzioni pubbliche, dal Musée national Marc Chagall fino alla commissione più prestigiosa: la proposta di realizzare, ormai ottantenne, la decorazione per il nuovo Musée Picasso di Parigi, sua consacrazione postuma, e definitiva, come artista.In questo catalogo, pubblicato in occasione della prima mostra italiana su Diego Giacometti presso la Fondazione Luigi Rovati, il curatore Casimiro Di Crescenzo ne traccia il profilo biografico, fa luce su molti aspetti della vita dei fratelli Giacometti a Parigi, puntualizza alcuni fatti e scopre novità interessanti, ricorrendo anche alla corrispondenza con i familiari. I quattro testi che introducono le sezioni delle opere descrivono i nuclei tematici della produzione di Diego (scultura, mobili e oggetti, raffigurazioni di animali), oltre che il già citato ruolo come modello di altri, del padre ma soprattutto di Alberto.Il catalogo è arricchito da testi di Roger Montandon, Eberhard W. Kornfeld, Henri Cartier-Bresson.
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Diego, l'altro Giacometti

pagine: 224 pagine

Infaticabile assistente e paziente modello, Diego Giacometti ha condiviso con il fratello Alberto quarant’anni di vita e di lavoro, in un rapporto simbiotico tra i più intensi della storia dell’arte moderna.Il suo è un percorso creativo a cavallo tra scultura e design, con un approccio molto personale all’arte della decorazione: i mobili e

Autobiografia

Gian Francesco Gamurrini

pagine: 128 pagine

Scritta all’età di 86 anni, l’Autobiografia di Gian Francesco Gamurrini ripercorre momenti salienti di un’intera vita dedicata all’archeologia e alla difesa del patrimonio culturale del territorio aretino dalle razzie di speculatori e mercanti d’arte, soprattutto in seguito alla soppressione degli enti ecclesiastici. Una minaccia da evit
La stele di Kaminia, gli Etruschi e l'isola di Lemno
La stele di Kaminia, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene è una delle tre iscrizioni, tra le più illustri dell’antichità, che hanno guidato generazioni di italiani nell’Ellade alla ricerca del passato. Creata nel VI secolo a.C. come segnacolo di una tomba, e recuperata tra il 1883 e il 1885 nell’isola di Lemno, era originariamente alta un paio di metri ma oggi rimane solo la metà superiore, con il profilo di un uomo che impugna lancia e scudo e che si era distinto nella società per le sue virtù di combattente. Intorno alla figura e sul lato destro della pietra furono incise duecento lettere dell’alfabeto greco: in tutto trentatré parole su undici righe scritte in direzione alternata, dall’alto in basso e di seguito dal basso in alto, oppure da destra a sinistra e poi viceversa. Ma la lingua scritta in greco non è greca né indoeuropea e appartiene alla stessa famiglia dell’etrusco e del retico, che si parlava e scriveva in una zona ai confini tra Austria, Svizzera e Germania. Gli archeologi, gli storici e i linguisti che si occupano della stele di Kaminia e del suo contesto sono alle prese con una questione ancora irrisolta. Ci si chiede infatti se gli abitanti di Lemno, testimoniati dalla stele e dalle altre iscrizioni, siano della stessa stirpe degli Etruschi migrati dall’Anatolia, con un gruppo stanziato a Lemno e un altro arrivato in Etruria, oppure se si tratti di Etruschi giunti a Lemno dall’Italia, per fondare una colonia o una stazione commerciale e di pirati nell’Egeo. Non è facile sapere cosa sia successo. La comunità che scriveva sulla pietra e sulla terracotta nella lingua lemnia non si distingue da altri eventuali gruppi sociali ed etnici dell’isola, con i quali poteva condividere la stessa cultura materiale e figurativa, tecnologie, riti religiosi e funerari, modi di vivere. Se i Tirreni di Lemno sono venuti dall’Etruria, non hanno mantenuto molti contatti con la madrepatria a giudicare dalla completa assenza di oggetti fabbricati in Italia. Per l’ipotesi della migrazione dall’Anatolia siamo completamente all’oscuro del luogo di provenienza, della cultura e delle tradizioni di origine. «La verità nessun la vide, non c’è che l’opinione» (Simonide di Ceo).La storia della stele, e del popolo di cui era espressione, è narrata in questo libro che si compone di quattro testi firmati da Carlo De Domenico, Riccardo Di Cesare, Germano Sarcone ed Emanuele Papi, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, oltre all’introduzione dello stesso Emanuele Papi.
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La stele di Kaminia, gli Etruschi e l'isola di Lemno

Emanuele Papi, Carlo De Domenico, Riccardo Di Cesare, Germano Sarcone

pagine: 120 pagine

La stele di Kaminia, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene è una delle tre iscrizioni, tra le più illustri dell’antichità, che hanno guidato generazioni di italiani nell’Ellade alla ricerca del passato. Creata nel VI secolo a.C. come segnacolo di una tomba, e recuperata tra il 1883 e il 1885 nell’isola di Lemno, era originari
L'archivio d'artista - Princìpi, regole e buone pratiche
È disponibile in una nuova edizione aggiornata e integrata in base alla riformata disciplina penale dei reati contro il Patrimonio Culturale entrata in vigore a marzo 2022.Legata al concetto di memoria, l’archiviazione risponde da sempre al bisogno di raccogliere e tutelare una testimonianza tramite i documenti che la attestano. Per un artista, l’archivio è essenziale non solo per conservare la traccia materiale del suo passaggio in un determinato ambiente culturale ma anche per la verifica, la difesa e la certificazione dell’autenticità delle opere, nonché per rendere tale patrimonio accessibile e condiviso. Ma che cosa si intende per archivio d’artista e come viene strutturato? Quali normative legali e quali consuetudini si applicano? Come si organizza una successione e come prende forma un catalogo ragionato? Quali competenze coinvolge e quali requisiti lo rendono un punto di riferimento per gli studiosi e per il mercato? Questo volume – nato a partire dal Corso per curatore di archivio d’artista promosso da AitArt (Associazione Italiana Archivi d’Artista) – riunisce punti di vista e competenze diverse spaziando dalle materie umanistico-storiche a quelle economico-giuridiche, senza dimenticare gli aspetti più pratici legati alla schedatura e alla digitalizzazione. Nel suo duplice intento di diffondere princìpi ispiratori e proporre modalità di gestione, delinea una vera e propria deontologia professionale e si configura così come un vademecum imprescindibile per chiunque voglia sviluppare una professionalità specifica e farsi custode di un ecosistema complesso e prezioso come quello dell’archivio d’artista.
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L'archivio d'artista

Princìpi, regole e buone pratiche

pagine: 472 pagine

È disponibile in una nuova edizione aggiornata e integrata in base alla riformata disciplina penale dei reati contro il Patrimonio Culturale entrata in vigore a marzo 2022.Legata al concetto di memoria, l’archiviazione risponde da sempre al bisogno di raccogliere e tutelare una testimonianza tramite i documenti che la attestano. Per un artista,
Fondazione Luigi Rovati - Museo d'arte
Questo volume è il racconto della genesi e dei principi operativi di Fondazione Luigi Rovati, un’infrastruttura materiale e immateriale della società della conoscenza, e del Museo d’arte ospitato nella sede di corso Venezia 52 a Milano, dove antico e contemporaneo dialogano all’interno di uno spazio rinnovato dall’archistar Mario Cucinella, inserito nella prestigiosa Wow List 2023 delle più importanti opere di architettura, arte e design al mondo selezionate dalla rivista AD Architectural Digest. L’architetto, del resto, non si è limitato al riassetto e al nuovo allestimento dei piani storici dell’edificio, ma vi ha aggregato un’immaginosa e rigorosa addizione ipogea, che nella forma, nella luce, nella suggestione emotiva è ispirata alla collezione di arte etrusca annoverata fra i vanti della Fondazione.Il mito etrusco ha viaggiato e viaggia sottopelle, affiorando, talvolta clamorosamente, in parte importante dell’arte e del pensiero del secolo scorso e ancora nel xxi secolo. È una rete dai molti nodi e implicazioni che Fondazione Luigi Rovati ha posto al centro del suo progetto culturale, ospitando non solo straordinari reperti archeologici, ma anche una raccolta di opere moderne e contemporanee – fra cui le installazioni site specific di Luigi Ontani, Giulio Paolini, Francesco Simeti – intese non come un corpo autonomo e separato bensì come vitali e stimolanti interlocutrici dell’antico.Oltre a una sezione dedicata al cantiere e alla storia del Palazzo a cura di Mario Cucinella, il volume è arricchito da testi di Salvatore Settis (sul rapporto fra il museo e la città), Mario Abis (sul valore sociale del museo), Giulio Paolucci (sulle alterne fortune del collezionismo milanese di antichità) e Martina Corgnati (sugli echi e le suggestioni della cultura etrusca nell’arte del Novecento), nonchè di due testi introduttivi di Giovanna Forlanelli, Presidente di Fondazione Luigi Rovati e Lucio Rovati, Presidente onorario.
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Fondazione Luigi Rovati

Museo d'arte

Autori vari

pagine: 136 pagine

Questo volume è il racconto della genesi e dei principi operativi di Fondazione Luigi Rovati, un’infrastruttura materiale e immateriale della società della conoscenza, e del Museo d’arte ospitato nella sede di corso Venezia 52 a Milano, dove antico e contemporaneo dialogano all’interno di uno spazio rinnovato dall’archistar Mario Cucinell
Giulio Paolini. Era finora
Edizione bilingue Ita/EngGiulio Paolini ha fatto della sua produzione una riflessione metafisica sul processo della creazione artistica. Paolini, infatti, ritiene che l’opera in qualche modo pre-esista all’intervento dell’artista, che è semplicemente il primo a poterla contemplare.Questa pubblicazione è dedicata all’opera site-specific realizzata da Paolini per il Museo d’arte della Fondazione Luigi Rovati ed è parte di una nuova serie di monografie su importanti artisti contemporanei che hanno collaborato con la Fondazione. Intitolata Era finora, l’opera di Paolini si compone dei profili in gesso di due teste, una femminile e l’altra maschile, a evocare rispettivamente il classico e il neoclassico, l’origine del canone occidentale dell’arte e la sua ripresa agli albori dell’età contemporanea. Inquadrati entro una teca, i volti sembrano misurare il perimetro di uno spazio, o marcare un percorso, come pietre miliari. Il loro sguardo dà luogo a un tracciato prospettico scandito da riproduzioni fotografiche sovrimposte: una specie di “galleria di ritratti”, un continuum di immagini che scandiscono la storia dell’uomo e dell’arte, muovendosi tra passato e presente, come testimoni di tempi e spazi lontani ma compresenti nel qui e ora della fruizione dell’opera. La storia dell’arte è un riferimento naturale per Paolini, per il quale non sussiste differenza tra arte antica e arte contemporanea. Tutta l’arte, in quanto investigazione della visione come atto mentale verso il mondo, si equivale. Il tempo dell’arte è quello dell’opera, non del suo autore: trascorsa la vita degli artefici, etruschi, greci o rinascimentali che siano, rimane il presente indefinito dell’opera.
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Giulio Paolini. Era finora

Francesco Guzzetti

pagine: 82 pagine

Edizione bilingue Ita/EngGiulio Paolini ha fatto della sua produzione una riflessione metafisica sul processo della creazione artistica. Paolini, infatti, ritiene che l’opera in qualche modo pre-esista all’intervento dell’artista, che è semplicemente il primo a poterla contemplare.Questa pubblicazione è dedicata all’opera site-specific re
Francesco Simeti. Alla corte della civetta
Edizione bilingue Ita/EngFrancesco Simeti è autore di un universo visivo che mediante la commistione di elementi naturalistici e surreali – dalla botanica alle miniature medievali – conduce un’analisi sullo sviluppo della storia naturale, mostrandone la relazione con la storia sociale umana. Questa pubblicazione è dedicata all’intervento site-specific realizzato da Simeti per il Museo d’arte della Fondazione Luigi Rovati ed è parte di una nuova serie di monografie su importanti artisti contemporanei che hanno collaborato con la Fondazione. Composto da due arazzi (Alla corte della civetta ed Elleboro) e da una serie di elementi decorativi in ceramica (Phantázō), il lavoro di Simeti opera su molteplici piani tra storia e finzione, reinventando l’antico in modi e forme personali. Ispirati ai bestiari medievali, gli arazzi riproducono un groviglio di creature dall’identità ibrida e metamorfica, come civette, salamandre, mostri marini, unicorni, felini, rinoceronti, fra cui si muovono, irriconoscibili, figure umane dotate di maschere antigas, elmetti e respiratori: sono la rappresentazione visiva di un rapporto traumatico tra noi e il mondo naturale. In conversazione con Luigi Fassi, Simeti racconta gli ingredienti che hanno dato avvio al percorso creativo: le boiserie e gli stucchi del palazzo (sede del Museo d’arte), distribuiti in una fuga di stanze da anni disabitate; le fotodocumentazioni di alcuni arazzi settecenteschi dispersi, a tema chinoiserie; una collezione di preziosi buccheri etruschi in ceramica nera. Un insieme di secoli e stili, rivisitati e rinnovati, in cui antico, moderno e contemporaneo si compenetrano tra loro mimeticamente.
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Francesco Simeti. Alla corte della civetta

Luigi Fassi, Francesco Simeti

pagine: 88 pagine

Edizione bilingue Ita/EngFrancesco Simeti è autore di un universo visivo che mediante la commistione di elementi naturalistici e surreali – dalla botanica alle miniature medievali – conduce un’analisi sullo sviluppo della storia naturale, mostrandone la relazione con la storia sociale umana. Questa pubblicazione è dedicata all’intervento

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