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«Non sono un mercante d’arte, sono un gallerista» amava ripetere Leo Castelli. Per i suoi artisti è stato molto di più: un mecenate.
Dall’apertura della prima galleria nel 1957 fino alla morte nel 1999, Castelli domina la vita culturale newyorkese ed eleva lo status dell’artista americano, che in quegli anni raggiunge la vetta più alta nel panorama artistico mondiale. Con lui si afferma la figura del gallerista polivalente. Imprenditore e infaticabile scopritore alla perenne ricerca del nuovo, è pronto a correre rischi e a servirsi delle strategie commerciali più efficaci per dare visibilità ai suoi protetti. Affiancato da Ileana Sonnabend – ex moglie con cui mantiene un rapporto di grande complicità – Castelli incoraggia i talenti emergenti e li promuove presso le istituzioni museali. Tramite una vasta rete di rapporti internazionali reinventa le regole del mercato e rivoluziona la cultura artistica stessa. La scoperta di Jasper Johns, suo artista feticcio, e la consacrazione di Robert Rauschenberg alla Biennale di Venezia del 1964 sono solo i primi colpi messi a segno. Si susseguono numerose altre epifanie – Frank Stella, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, James Rosenquist, Cy Twombly, per citarne solo alcuni – che lo confermano come creatore di miti.
Ma chi è Leo Castelli, l’uomo che ha atteso i cinquant’anni per aprire la sua prima galleria? Dietro il carisma di europeo affabile e mediatico si nasconde un uomo dalle molteplici identità. Nato nel 1907 a Trieste da genitori ebrei, Leo trascorre i primi trent’anni nelle grandi città d’Europa – Vienna, Milano, Budapest, Bucarest, Parigi. La sua traiettoria professionale inizia con l’esodo rocambolesco nel Nuovo Mondo per fuggire al drammatico contesto politico-sociale delle leggi razziali naziste e degli sconvolgimenti che ne seguiranno.
Annie Cohen-Solal affonda le radici del suo racconto nel passato remoto della famiglia Castelli, ne rintraccia gli antenati nella Toscana rinascimentale e ricostruisce una storia fitta di persecuzioni, guerre, rotture, spostamenti, che offre sorprendenti analogie con il passato più recente della famiglia e con la parabola stessa di Leo. Ironia della sorte: un uomo sempre reticente sulla propria identità ebraica trova proprio nel Jewish Museum, dopo il MOMA, l’istituzione che lo sancirà come paladino dei grandi movimenti dell’arte americana – dal Pop al Concettuale – che sono l’imponente lascito di Leo Castelli.
Premessa
Prologo. Nato su una polveriera
Europa 1907-1945
Persecuzioni, guerre, rotture, spostamenti
1. Alla Loggia dei Mercanti
2. Sul molo San Carlo
3. Entra in scena Ernesto Krausz
4. Gli anni del miracolo triestino
5. Nell’isola felice di Hietzing. Vienna, Prima guerra mondiale
6. I baffi finti dell’imperatore: 1918-1925
7. L’irresistibile ascesa di Ernesto Krausz
8. Avere vent’anni in pieno fascismo
9. Bucarest: primo incontro con le avanguardie
10. Tra Neuilly e place Vendôme
11. L’esodo rocambolesco verso gli Stati Uniti
12. Il ritorno a Bucarest. L’esordio della Guerra fredda
New York 1946-1956
Gli anni della metamorfosi
13. Al moma, di soppiatto
14. Verso il Nuovo Mondo
15. Arbitro tra Parigi e New York
16. Risolve o balla il tango?
17. Tra Pollock e de Kooning: apre la galleria?
Il leader assoluto dell’arte americana: 1957-1998
18. New York, il polo magnetico
19. Colpo da maestro: l’epifania di Jasper
20. Il moto perpetuo dell’innovazione. «Scoprire un genio alla settimana!»
21. Gli anni di Alan Solomon
22. “La Biennale dei Beatles”
23. L’adolescente bohémien e il folletto dispettoso
24. Alla conquista dell’Europa
25. Castelli, “eminenza grigia del Pop”?
26. “La mostra di Henry”
27. La “rete Castelli” come casa Savoia
28. SoHo, la Terra Promessa a sud di Houston Street
29. “Bad times for Leo”
30. Omaggi e onori: Castelli entra nella Storia
Epilogo