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«L’arte non ha bisogno di riuscire simpatica, ma esige grandezza» ha scritto Sironi. Sono parole che si attagliano anche a lui, pittore di periferie inospitali eppure imponenti come cattedrali moderne. Futurista a partire dal 1913, Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) negli anni venti ha espresso l’aspetto più duro della città e della vita contemporanea, ma insieme ha dato ai suoi paesaggi urbani la forza delle architetture classiche e alle sue figure la solennità dei ritratti antichi. Di una classicità moderna, è stato infatti uno dei maggiori protagonisti tra le due guerre: prima con il movimento del Novecento Italiano, che si forma a Milano nel 1922; poi con il sogno visionario di una rinascita dell’affresco e del mosaico.
Amico personale di Mussolini e fascista della prima ora, Sironi ha dato forma nella sua pittura murale degli anni trenta alla dottrina nazionalistica e sociale del regime – non alle leggi razziali che non ha mai condiviso – ma il suo desiderio di ritornare alla Grande Decorazione antica gli era nato già durante la giovinezza trascorsa a Roma, quando, come diceva, passavano davanti ai suoi occhi «gli splendidi fantasmi dell’arte classica». Del resto la sua arte, potente e dolorosa, non diventa mai un’arte di Stato.
La vita non ha risparmiato Sironi: la perdita del padre a tredici anni, le crisi depressive, la guerra; poi la miseria, la contrastata vicenda familiare, le polemiche sulla sua pittura, i ritmi di lavoro massacranti che gli minano la salute; la caduta del fascismo, il crollo dei suoi ideali politici e un’esecuzione sommaria evitata in extremis (grazie all’intervento di Gianni Rodari, partigiano ma suo estimatore); infine la perdita della figlia Rossana, suicidatasi a diciotto anni nel 1948. Tuttavia la sua pittura oppone alle tragedie dell’esistenza e della storia un’ostinata volontà costruttiva. Almeno fino alla stagione ultima quando Sironi, svaniti sogni e illusioni, dipinge città frananti e visioni dell’Apocalisse.
Prima parte
La stagione romana
1. Una famiglia di architetti
2. Dagli esordi simbolisti alla crisi del 1903
3. Amicizie e incontri: Boccioni, Severini, Balla, Prini
4. I primi viaggi: Milano, Parigi, Erfurt
5. L’adesione al Futurismo. Da Piedigrotta alle tavole parolibere
Seconda parte
Il tempo di guerra
6. Tra i Volontari Ciclisti. La battaglia di Dosso Casina e L’orgoglio italiano
7. L’incontro con Margherita Sarfatti, la morte di Boccioni, il Servizio P
8. Il congedo e il ritorno a Roma
Terza parte
A Milano, tra fascismo e “Novecento”
9. Il salotto della Sarfatti e il “covo” di Mussolini
10. I paesaggi urbani e la mostra alla Galleria Arte
11. Disegnatore del Popolo d’Italia
12. La nascita del Novecento Italiano
13. Da 6 a 114. La Biennale del 1924 e la mostra del 1926
14. 1928: una Biennale in extremis
15. La carovana delle mostre (1929-1930)
Quarta parte
La scommessa della pittura murale: la lotta al sistema dell’arte moderna
16. Dalla Quadriennale di Roma alla “Mostra della Rivoluzione Fascista”
17. La Triennale del 1933, la mancata Biennale e il mancato processo del 1934
18. Gli affanni della pittura monumentale
19. Le ultime imprese decorative
Quinta parte
La rovina e la solitudine
20. «Non sono rimaste che macerie e paura»
21. Gli anni del dopoguerra
22. La perdita di Rossana, l’isolamento
23. Gli ultimi anni
Bibliografia
E' un libro che consiglio a tutti: molto completo ed approfondito; scrittura molto piacevole; mi ha appassionato assai.
Fonte IBS