La biografia di una delle personalità artistiche più innovative e poliedriche del Novecento, con una ricostruzione dettagliata e ricca di aneddoti attraverso documenti e notizie inedite. Frutto di una ricerca trentennale, questa è la prima biografia di Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, 1899 - Milano,1968), un ritratto che va oltre ogni stereotipo.
Una vita scissa fra due mondi, l’Italia e l’Argentina, e tra due modi di concepire l’arte, l’Ottocento e il Novecento: Fontana è conosciuto principalmente per gli iconici “tagli”, ma la sua avventura creativa è ben più ricca e complessa. La lotta all’ultimo sangue in nome di un astrattismo puro e libero lo spinge a ribellarsi prima contro l’eredità di un padre-scultore tradizionalista, poi contro i padri accademici (Adolfo Wildt) e infine contro un sistema dell’arte ostile a ogni novità. Una parabola che, dalle felici “intuizioni” di scultore e ceramista tra Milano, Albisola, Parigi e Buenos Aires, lo porta a redigere il Manifiesto Blanco e a diventare negli anni cinquanta non solo il leader di un movimento, lo Spazialismo, che rappresenta una svolta radicale, ma anche un punto di riferimento per una generazione di artisti come Piero Manzoni, Enrico Castellani, il gruppo Zero, che incarneranno l’avanguardia dei primi anni sessanta.
Paolo Campiglio ricostruisce anche circostanze private meno note della vita dell’artista: il rapporto con le due madri; l’eroismo in trincea durante la Grande Guerra; i due anni come gaucho senza fissa dimora nella pampa argentina; la sconfinata generosità verso gli artisti più giovani di cui ama circondarsi; la relazione con la donna della sua vita, Teresita Rasini, che saprà aspettarlo anche quando viene creduto morto; le fruttuose collaborazioni con gli architetti. Emergono inoltre lo spirito combattivo, l’ironia, la travolgente simpatia di Fontana, qualità che fecero affermare al critico d’arte Raffaele Carrieri: «In tutto quello che fa la temperatura sorpassa il normale voltaggio».