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Un'altra stimolante lettura tra i nuovi saggi in catalogo. Si conferma la caratterstica della ricca documentazione, in questo caso molto erudita, almeno per me, a sostegno di una storia che racconta il rapporto fra artisti e fruitori delle loro opere, siano essi parte di una ristretta aristocrazia o siano le "masse". Ho incontrato molte curiose informazioni ben documentate, come l'atteggiamento di artisti desiderosi di scoprire il gradimento o il rifiuto delle loro opere, a volte nascondendosi dietro i loro lavori per carpire i commenti del pubblico, divertente la satira di Rembrandt ai danni dei critici, interessante l'operazione della cura grafica dei manifesti per educare il gusto veicolando linguaggi artistici a livello di massa... Lo storico segue l'evoluzione del "pubblico dell'arte" dai presunti esperti e competenti a un pubblico di massa, da un ruolo passivo a un atteggiamento attivo degli appassionati d'arte (interessante il fenomeno dei tableaux vivants tra fine '700 e inizio '800 in Francia e in Germania); s'interroga sul problema della competenza nella valutazione delle opere d'arte accompagnandoci fino alla nostra contemporaneità, in cui i musei - e a vlte le gallerie - hanno un ruolo nell'educazione estetica, ma anche i rischi mortali insiti nel mercato milionario e nel collezionismo delle opere d'arte soggetto a operazioni finanziarie lecite o illecite. Mi sarei aspettato un ulteriore passo nell'arte dei nostri giorni, valutando il fenomeno dell'arte relazionale che ha trasformato una parte di pubblico in co-autrice di opere prevalentemente performative in situazioni reali, fuori dalle gallerie e dai teatri (tra le prime penso a "Legarsi alla montagna" di Maria Lai).