Penso che la soluzione del possibile conflitto di Busci fra l’anima dell’architetto e quella del pittore stia in questa originale dialettica, in un percorso a ostacoli. Il riscatto, la sublimazione, e l’evanescenza del segno pittorico in contraddizione con la durezza del reale. Dei segni delicati come da sapiente calligrafo, a delineare scuri bagliori, luci notturne, ipnotici paesaggi monocromi dal difficile presagio. Una visione cupa del dramma urbano del mondo. Una specie di de Pisis alla rovescia, dove la leggiadra coreografia dei movimenti del pennello di De Pisis in trance è sostituita da scenari di apocalissi metropolitane, da monocrome suggestioni liriche e teatrali.
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